Musica sufi
Un ponte tra cielo e terra

La trance (wajd) raggiunta attraverso la musica ha un ruolo importantissimo nella ricerca di Dio, scopo ultimo della pratica religiosa del Sufismo.

Possiamo infatti considerare il Sufismo come la tendenza che “mira alla comunione diretta tra Dio e l’uomo” (Trimingham 1971), dove, attraverso il sama (“ascolto”) la cerimonia religiosa fatta di preghiera musica e danza, si raggiunge il wajd (lo stato di trance) consistente nell’ispirazione e nella rivelazione della Verità.

Il sama dei Mevlevi, una delle più celebri confraternite sufi, viene effettuato da dervisci rotanti che danzano accompagnati da musica strumentale e vocale corale.
L’orchestra, formata da strumenti tradizionali, fra cui spicca il flauto per il suo ruolo principale, esegue brani in forme ritmiche chiamate pesrev (introduzione orientale composta da quattro frasi musicali) e semai (opera strumentale a tre tempi).

Ovviamente i timpani rivestono un importante funzione ritmica ma mantengono sempre un carattere moderato che contraddistingue tutta la cerimonia. Il ruoli dei partecipanti sono rigidamente divisi fra i danzatori che, ascoltando la musica e volteggiando, aspettano la trance e i musicisti che eseguono la musica senza venirne influenzati.

L’ estremo controllo che permea tutta la cerimonia rispecchia la simbologia del rito, dove la rotazione dei dervisci rappresenta il grande meccanismo celeste nel suo incessante movimento e le braccia aperte, una in direzione del cielo, e l’altra in direzione della terra, creano un ponte immaginario fra il divino (il cielo) e l’umano (la terra).


Approfondimento

I dervisci mevlevi di Konya

"Vieni! Chiunque tu possa essere, vieni! Pagano, idolatra o adoratore del fuoco, vieni!
Anche se tradisci i tuoi giuramenti cento volte, vieni!
La nostra porta è la porta della speranza. Vieni cosi' come sei!"
Celaleddin Rumi (1207-1273)

Dervisci mevlevi danzanti

Dervisci mevlevi di Konya

Durante il lento scorrere dei secoli e dei millenni gli Ittiti, i Frigi, i Lidi, i Persiani, i Romani, i Bizantini, i Selgiucidi, gli Ottomani, hanno contribuito a formare gli strati di civiltà, religione e cultura che fanno della Turchia uno dei paesi più affascinanti del bacino del Mediterraneo. Ormai da molti anni i flussi turistici si soffermano sugli splendori di Istanbul, sulla 'doverosa' visita ad Ankara per poi proseguire verso la fantasiosa meraviglia della Cappadocia e l'est dell'Anatolia e le città costiere con il loro contorno di mare limpido e insenature da favola.
Inserita in mezzo a questi gioielli la città di Konya può - a torto - essere considerata una meta di secondo piano, una semplice tappa di un percorso segnato da più alte mete.

Konya.
L'immagine (Iconion) di una Medusa scolpita sulle antichissime mura sembra aver dato il nome a questa città da non molto tempo frequentata da un turismo diverso da quello tipicamente religioso dei pellegrini in una città santa dell'Islam. Moschee e mederse, la sua stessa storia, sarebbero sufficienti a fare dell'antica capitale selgiucide del regno di Rum una meta degna di attenzione.
Ma la vera attrattiva, sia dal punto di vista religioso che da quello prettamente turistico è il mausoleo di Mevlana, personaggio inscindibile dalla storia della città.

Celaleddin Rumi.

Calaleddin Rumi

Celaleddin Rumi

Secondo la tradizione, attraversando il quartiere degli orafi, Celaleddin Rumi, poeta, teologo, insegnante universitario, mistico, si fermò improvvisamente e, forse ispirato dal tintinnio ritmato di centinaia di martelli, allargò le braccia e iniziò a roteare su se stesso come in una danza. Era circa il 1250 e nel giro di pochi mesi quella danza vertiginosa di dervisci vestiti di bianco e col lungo cappello di feltro in testa divenne uno spettacolo abituale di fronte alle moschee della capitale segiucide.

Celaleddin era nato a Balk, nel nord dell'Afghanistan, nel 1207 e, spinto dall'avanzare della marea mongola, girovagando da una città all'altra al seguito della sua famiglia, era arrivato a Konya dove suo padre si stabilì come insegnante di teologia. Alla morte del padre Celaleddin lo sostituì nell'insegnamento.

Piantò tutto quanto e iniziò a scrivere versi in seguito ad una relazione che fece scandalo; quella con il giovane derviscio Shamseddin. Fondò l'ordine dei dervisci danzanti, detti mevlevi, che ben presto assunse un'importanza sempre crescente nel mondo musulmano e ottomano in particolare: era il massimo esponente dell'ordine (celebi) a cingere, nei secoli, i fianchi del nuovo sultano, appena incoronato, con la spada di Osman.

Morì nel 1273 e fu sepolto accanto a suo padre, venerato in ugual misura da musulmani e cristiani per il suo messaggio di estrema tolleranza di cui i suoi dervisci si fecero portatori.
Mevlana (Signore), così era chiamato dai suoi discepoli, con la sua visione dell'Islam così aperta e tollerante, fece sussultare non poco i teologi ortodossi del suo tempo introducendo nelle cerimonie religiose la danza e la musica, considerate espressioni pagane.

Le confraternite mevlevi si moltiplicarono e si diffusero nell'Europa balcanica e soprattutto in Egitto. La loro stella cominciò a declinare all'inizio del '900 proprio a causa della loro tolleranza, quando cioè aprirono le loro porte per proteggere i cristiani armeni perseguitati. Ma a dare il colpo di grazia fu Ataturk che chiuse i conventi e trasformò la Tekke di Mevlana in un mausoleo (1927).

Adesso in Turchia le confraternite sono di nuovo aperte. Il mausoleo di Mevlana è meta non solo per turisti attratti dalle cupole verdi, dalle sale di preghiera e di danza, dai turbanti e dai gioielli esposti, ma anche di frotte di fedeli.
Chi va in Turchia può adesso senza problemi informarsi per poter assistere alle cerimonie dei mevlevi scandite da gesti antichi e mai casuali, ricchi di simboli e significati che spesso si svolgono nella settimana che si chiude il 17 dicembre, giorno della morte di Celaleddin.

Sema.
Dopo un apprendistato di 1001 giorni passati tra preghiere, lavoro e meditazione, i dervisci sono ammessi nella confraternita e possono praticare la Sema, la danza.
Si resta affascinati a guardare queste figure bianche con le vesti che si aprono come corolle di fiori ruotare morbidamente sempre sullo stesso piede cullati dalla nenia dello zufolo (ney), dei timpani e dei piatti di rame (halile) con gesti antichi e misteriosi.
Le vesti bianche simboleggiano il sudario della propria anima, il cappello la stele funebre che sovrasta la tomba e la rimozione del mantello nero all'inizio della cerimonia rivela l'anima che si apre alla verità.

IL maestro dei Dervisci

Dervisci mevlevi di Konya

Il Semazen, capo dei dervisci, autorizza ad uno ad uno i suoi discepoli a danzare e, ad uno ad uno, con le braccia incrociate sul petto e la testa china, essi iniziano a volteggiare, ruotando da destra a sinistra, "intorno al loro cuore". A questo punto aprono le braccia, il palmo della mano destra rivolto in alto per accogliere ciò che viene da Dio e l'altro verso il basso per darlo agli uomini; i loro occhi fissano la mano sinistra per non perdere l'equilibrio. Lo scopo della danza è il raggiungimento di un'estasi che permette una sorta di comunione divina; altri ordini raggiungono questo stato attraverso altri sistemi come il ripetere continuamente una formula rituale (dikhr) o una preghiera.

La danza termina con la lettura del Corano, Sura 2, versetto 115 :
"A Dio appartengono l'oriente e l'occidente, e ovunque ti volti sei davanti a Lui. Egli tutto abbraccia, tutto conosce".

Le sette parti della cerimonia.
- Nat-I-Serif, elogio al Profeta e a tutti i profeti prima di lui;
- Voce del tamburo (kudum) ; simboleggia l'ordine di Dio al momento della Creazione;
il primo respiro che ha dato la vita a tutto;
- Improvvisazione strumentale (taksim) guidata dal "ney", una sorta di piffero;
- E' il saluto dei dervisci agli altri confratelli che avviene camminando in circolo;
- La Sema vera e propria; consiste di quattro "saluti":
- il primo saluto è la nascita dell'uomo verso la verità;
- il secondo saluto esprime la meraviglia dell'uomo di fronte allo splendore della
creazione e all'onnipotenza di Dio;
- il terzo saluto è la trasformazione da meraviglia in amore; è completa sottomissione, annullamento di se stessi nel divino, è unità; questo stato è chiamato "fenafillah";
- il quarto saluto è il ritorno del derviscio al suo scopo nel Creato; servo di Dio, dei suoi profeti e della sua Creazione;
- Fine della Sema e lettura del Corano, II, v.115
- Preghiera per le anime del Profeta e dei credenti.

tratto da: http://members.xoom.virgilio.it/upost/apv005.html

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