Conclusioni
La modalità non è semplicemente un qualche cosa di passato e di scomparso.
Con la crisi del sistema tonale la “vecchia” modalità è tornata in voga, arricchita dai modi etnici e dai modi artificiali.
Troviamo così per esempio composizioni di Debussy o di Messiaen, ma anche di Liszt, che vivono in un mondo puramente modale.

Paradossalmente proprio dalla modalità, che ha colmato una parte del vuoto lasciato dalla “morte” della tonalità, era nato il sistema tonale.
Il passaggio tra modalità e tonalità non è affatto avvenuto in modo brusco e questi due sistemi hanno convissuto per parecchio tempo.
I teorici e i pratici dell’epoca hanno pian piano preso coscienza del germe bipolare insito nel sistema modale e da questo bipolarismo è nato il sistema tonale.

Di pari passo si è andati indagando la dimensione verticale del discorso musicale, arrivando alla formulazione del concetto di accordo e di concatenazione di accordi, ossia del concetto di armonia.

Pian piano quindi l’universo sonoro ha acquistato una nuova dimensione, la musica è uscita dalla pura orizzontalità del contrappunto modale per giungere alla conquista dello spazio armonico del sistema tonale.
I trattati dell’epoca sono pieni di complessi rapporti numerici che rimandano ad operazioni matematiche che cercano di rendere conto del nuovo sistema tonale.

Come scrive Vittorio Vinay:

operazioni che meriterebbero di essere studiate per quello che realmente rappresentano, e non liquidate come ubbie obsolete e prive di giustificazioni razionali: sono la testimonianza di un’affascinante avventura intellettuale che, imperniata sull’analisi morfologica, è pervenuta a formulare una strumentazione concettuale in funzione della quale una forma si mostra generativamente condizionata dal modello che ne determina la struttura