Approfondimento: “Teorici e prattici”

Uno dei primi teorici che cominciò a sentire la problematica della “nuova musica” fu Heinrich Loris Glareanus, che scrisse il Dodecachordon (Basilea 1547).
Pur rimanendo ancora in un contesto pienamente modale, Glareanus compì una enorme sintesi e sistemazione di tutta quella che era la teoria musicale del suo tempo.
In più, inizia a codificare dei sistemi scalari modali dai quali deriveranno i “moderni” modi maggiore e minore.

Un passo importantissimo nel cammino verso la tonalità fu fatto da Gioseffo Zarlino, attivo a Venezia.
I suoi principali trattati sono Istitutioni harmoniche (1558), Dimostrazioni harmoniche (1571), Sopplimenti musicali.
Zarlino codifica le trasposizioni “estranee” al sistema modale ( ossia quelle ad intervalli diversi dalla 4° ).

Egli giustifica questo fenomeno dicendo che è necessario poter adoperare scale ad altezze diverse a seconda delle possibilità delle voci che si devono accompagnare.
Inoltre tratta a lungo gli intervalli di 3° e di 6°, ponendo le basi per la teoria dei rivolti.
Sempre riflettendo su questi due intervalli, divide le musiche in base alla natura di questi intervalli: saranno “vivi e pieni di allegrezza” quei pezzi costituiti prevalentemente da 3° e 6° maggiori, saranno “alquanto meste, ovver languide” le melodie basate su intervalli di 3° e di 6° minori.
Zarlino arriva addirittura ad un passo dalla codifica della triade perfetta.

Vista l'importanza del trattato Istitutioni harmoniche, segnaliamo che lo si può scaricare, nel formato testo e immagini qui: http://www.music.indiana.edu/smi/cinquecento/ZAR58IH3_TEXT.html
mentre in formato .pdf qui: http://neoismo.gamersrevolt.com/it/2003_08_01_blog-archive.html

Un’importante passo verso la codifica dei rivolti viene fatto da Francisco de Salinas, col suo De musica libri VII (Salamanca 1577).
Egli fa notare che un intervallo di 8° si può sempre dividere in due “consonanze” disposte in questo modo:

  • se una è una 3° M, l’altra sarà una 6° m
  • se una è una 3°m, l’altra sarà una 6° M
  • se da un lato vi è una 4°, dall’altro deve esserci una 5°.

Un contributo molto importante alla formulazione della teoria tonale viene dai musicisti inglesi.

Il primo trattato importante in merito è quello di Thomas Morley, A Plaine and Easie Introduction to Practicall Musicke (Londra 1957).
In questo trattato emerge esplicitamente il bipolarismo M/m, viene rapportato tutto al basso e non al tenore, vengono addirittura consentiti accordi “dissonanti” contenenti il 4° e il 7° grado nelle cadenze.

Joachim Burmeister, nel suo Hypomnematum musicae poeticae (Rostock 1599) codifica ed esemplifica un gran numero di accordi a quattro parti.
In queste “tavole” sono presenti sia accordi di triade sia accordi di 3° e 6°, anche se non vengono riconosciuti come rivolti di triade.

Un classico esempio di connubio tra teoria e “prattica” è rappresentato da Adriano Banchieri.
Il suo contributo fondamentale è rappresentato da L’organo suonarino (Venezia 1638).
Banchieri divide le scale non più in base al loro genere modale ma in base alle altezze assolute dei suoni che le compongono.
Anche lui porta una giustificazione essenzialmente pratica, ossia quella dell’accompagnare le diverse voci.
Per ricollegare queste scale ad altezza assoluta (o “pitch keys” secondo il termine di Atcherson) alle classiche scale modali, Banchieri prevede delle armature di chiave fisse.

Anni fondamentali per la svolta definitiva sono quelli compresi tra il 1608 e il 1613.

Innanzitutto Otto Siegfried Harnish nel suo Artis musicae (1608) codifica per la prima volta in modo esplicito la triade sia nella sua forma fondamentale sia nei suoi rivolti.

Prosecutore del lavoro di Harnish fu Johannes Lippius, che nelle sue due opere Disputatio musica tertia (Wittemberg 1610) e Synopsis musicae novae (Strasburgo 1612) arriva a risultati eccezionali.
Egli riconosce tutti i rapporti di inversione degli intervalli, quelli di 3° e di 6° ma anche quelli 2° e 7°.
Partendo dallo studio di queste inversioni, arriva a definire definitivamente il concetto di rivolto.
Anche lui propone di studiare la struttura musicale a partire dalla voce del basso.
Passo fondamentale, la trattazione dei modi non è più fatta in chiave melodica (ossia in base alla posizione dei semitoni all’interno di essi) ma in chiave armonica, ossia in rapporto al tipo di triade che si trova sulla finalis.
In questo modo divide le vecchie scale modali in due soli gruppi, per l’appunto il M. e il m.

Un altro trattato fondamentale è quello di Thomas Campion, A new Way of Making Foure Parts in Counterpoint (Londra, circa 1613),
In questo trattato egli giunge alle stesse conclusioni di Lippius.
In più, individua all’interno dei due nuovi modi (M/m) i punti cadenzali.
Egli arriva a dire che i punti fondamentali su cui cadenzare sono innanzitutto la prima nota, in secondo luogo quella posta cinque note sopra, infine quella posta tre note sopra rispetto alla prima.
Campion dice poi che note dovono essere usate a seconda che il modo sia M. o m.

In seguito a questi anni floridissimi si ha un certo “ristagno” della teoria musicale.

Gli scritti di autori quali de Caus, Wienpahl, Descartes, Crüger e altri non apportano sostanziali cambiamenti alla teoria appena formulata e addirittura in alcuni casi appaiono “reazionari”.
Persino il monumentale Syntagma musicum (Wolfenbüttel-Wittemberg 1614-1619) di Michael Praetorius, pur essendo fondamentale per altri aspetti, non è di grande interesse per il nostro argomento.

Un’opera curiosa è invece l’Harmonie Universelle (Parigi 1636-1637) di Marin Marsenne.
In questo trattato enciclopedico l’indagine spazia dalla natura del suono e i movimenti dei corpi in meccanica, dagli studi sulla voce e sugli strumenti alla trattazione degli intervalli, dei modi e della composizione.
In quest’opera l’indagine viene condotta con metodi talora matematico-fisici, talora filosofico-estetici, talora teologici, talora linguistici.
Innovazione fondamentale di questo trattato è quella relativa al concetto di consonanza e dissonanza.

Questi due aspetti del discorso musicale non vengono più sentiti come realtà autonoma ma come punti di un continuum di rapporti intervallari che vanno dall’estremo della consonanza perfetta (l’unisono) a quello della dissonanza più aspra (individuata da Marsenne nella 5° dim).
Altro punto importante del trattato è la teoria degli armonici naturali.
Studiando questo fenomeno nella tromba, Marsenne arriva a codificare i principali armonici e a considerarli come aggregati accordali.
A partire da ciò egli dà una giustificazione “scientifica” del fatto che l’analisi accordale va fatta dalla voce del basso.

Una pagina estremamente interessante è quella di Stefano A. E. Leoni  "Le armonie del mondo. La trattatistica musicale nel Rinascimento: 1470-1650" all'url: http://www.vislink.it/stefanoleoni/pagina_le_armonie.htm

Torna all'indice