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L'ARTE DELLO SPETTACOLO

Varga - Arte nello spettacolo

di Miklos N. Varga

Abstract
In questo capitolo...
 L'ARTE DELLO SPETTACOLO

Fin dalla più remota antichità, l'uomo ha concepito e sviluppato modi e comportamenti idonei a quella che potremmo definire la "teatralizzazione" del vivere quotidiano, consolatoria in senso alternativo rispetto alle diverse e spesso ostili condizioni di vita. Pertanto il cosiddetto "senso della realtà" viene insuffiato, contaminato, riconvertito di volta in volta, a seconda dei tempi e delle forme di vita, da un apporto immaginativo o "ri-creativo" che costituisce il fondamento liberatorio delle varie espressioni culturali.

Cultura come rispecchiamento di sé (reale) nell"altro da sé" (proiettivo), immaginativamente integrato con altri valori; altre nozioni depositarie di culti, di credenze, di "modelli" soprannaturali, riconducibili tuttavia alla dimensione del rappresentabile sulla scena del mondo. Di conseguenza la cultura della "rappresentazione" (danza, cerimoniale, teatro, musica, etc.) esprime una necessità dialogica, di rapporto e di mediazione fra il trascendente e l'immanente; insomma di vita sociale attraversata dal "culto delle finzioni". Cultura, dunque, consacrata nella finzione o mimesi dell'inconoscibile: "messa in scena" dell'altra realtà.

Nasce così il "gioco della rappresentazione". Al riguardo, Johan Huizinga asserisce: "Il culto sorse e crebbe in gioco sacro. La poesia nacque in gioco e continuò a vivere di forme ludiche. Musica e danza erano gioco puro. Saggezza e sapere si manifestarono in gare sacre. Il diritto dovette svincolarsi dal gioco sociale. Il regolamento della lotta con le armi, le convenzioni della vita nobile erano basate su forme di gioco. Si ricavò la logica conclusione che la cultura, nelle sue fasi originarie, viene giocata.

La cultura non nasce dal gioco come frutto vivo che si svincoli dal corpo materno, ma si sviluppa nel gioco e come gioco. Una volta ammessa questa interpretazione, e sembra quasi impossibile non ammetterla, ci rimane ancora una questione: possiamo noi constatare un elemento ludico nella vita culturale anche per periodi più recenti di civiltà, più evoluti del periodo arcaico a cui fin qui volgeremmo soprattutto lo sguardo?" (Homo ludens, Il Saggiatore, 1964, pp. 249-250). In effetti l'interrogativo di Huizinga corrisponde, sia pure in forme differenziate nelle varie esperienze individuali e collettive, alle nostre idee di "teatralizzazione" nell'ambito dello spettacolo.

Ma cos'è lo spettacolo? E qual è il "gioco" dell'arte nello spettacolo? Inoltre, negli attraversamenti storici, come viene diramandosi e istituendosi la preminenza "simbolica" (dalla metafora poetica all'allegoria scenico-gestuale) nell"arte dello spettacolo"? La storia è ricca di esempi (e di "testi") cui rivolgere lo sguardo retrospettivo, prima di contestualizzarci nel nostro tempo, magari alla ricerca di quei gradienti simboli che meglio corrispondono alla contemporaneità delle nostre esperienze "in situazione" ma con finzione...

In sintesi, la nascita della "rappresentazione" scenica, danzata o recitata, coincide con il passaggio, a carattere rituale, da una figurazione statica di "modelli" pittografici assunti nella contemplazione ad un'azione dinamica svolgentesi nell'interpretazione mobile e rievocativa degli stessi o di altri "modelli" ambientati in un determinato spazio scenico: il "luogo deputato".

Qui, intrecci rituali e trascorrimenti storici, al riscontro periodico e culturalmente cadenzato dai "riti di passaggio", trovano una profonda investitura cerimoniale e quindi istituzionale: dalla danza alla musica vocale e strumentale, dalla tragedia alla commedia, dalle gare olimpiche alle esibizioni circensi. Poi, in seguito, sempre nei "luoghi deputati", dall'antichità classica alla fine del Medioevo, le diverse manifestazioni di teatralità aderiscono, quasi in senso specialistico o settoriale, alle condizioni di vita sociale in evoluzione, alimentando le relazioni interne fra il "luogo" e l"evento" (es. le "sacre rappresentazioni" ambientate in chiesa, soprattutto in coincidenza con il Natale e la Pasqua) per attivare quel processo di interdipendenza o di integrazione fra le arti (da Giotto in avanti) che costituisce la premessa alle nuove "messe in scena", prima nell'ambito delle corti (nel Rinascimento) e poi nei teatri pubblici (soprattutto in epoca barocca).

La storia dello spettacolo diventa così "arte dello spettacolo", invenzione di forme e di espressioni che coinvolgono artisti e artigiani, il potere politico e religioso nella gestione "ri-creativa" della vita sociale. In effetti la "società dello spettacolo" non è altro che il riflesso di un'intera società, dove i modi di comportamento e di vita, quale conseguenza di altrettanti modi di pensiero, vengono assunti nei "modi di rappresentazione". La tragedia greca, appunto, tramanda nella storia la "realtà del pensiero" dell'uomo greco, contestuale alla condizione dell'epoca. Come il Rinascimento può tuttora rivivere attraverso le testimonianze delle corti che favorirono e incrementarono l'operatività degli artisti anche nel ruolo di artefici e registi di spettacoli "in situazione"...

E siamo già al riscontro delle nostre stesse sollecitazioni, diciamo per coinvolgimento retrospettivo dell'arte nello spettacolo, passando dal Manierismo al Barocco e al Neoclassicismo (il Seicento e il Settecento cruciali per sentirci all'oggi...) ricordando che i giochi e le finzioni del teatro non sono mai stati interamente fatti ...Come del resto la nostra contemporaneità insegna per imparare a riflettere la realtà del mondo suIla scena della vita. Arte dello spettacolo come finzione rituale della vita nell'arte.



Miklos N. Varga  - contributo tratto da "Dall'arte nella storia alla storia nell'arte" - Unicopli 1987 - novembre 2006
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